Valproato in gravidanza e ritardi cognitivi nel bambino: nuove evidenze
Pillole dal Mondo n. 622
06/10/2014
Ulteriori evidenze sulla correlazione tra l’uso di valproato durante la gravidanza e il deterioramento cognitivo nei bambini sono emerse da recenti studi, che hanno evidenziato ritardi cognitivi nei bambini non solo a tre anni ma anche a sei anni d’età. Valproato è un anticonvulsivante indicato principalmente per il trattamento dell’epilessia generalizzata primaria e dell’epilessia parziale.
Precedenti studi avevano esaminato l'effetto di esposizione fetale al valproato sugli esiti cognitivi nei bambini. In particolare, l'analisi ad interim dello studio “Neurodevelopmental Effects of Antiepileptic Drugs” (NEAD) aveva evidenziato che l'esposizione fetale al valproato è associata a una gamma di deficit cognitivi a tre anni di età. Nel 2013, lo studio NEAD ha pubblicato la sua ultima analisi, che ha rilevato che l'esposizione fetale al valproato è associato, in relazione alle dosi, a capacità cognitive ridotte per una serie di domini cognitivi a sei anni di età.
Lo studio NEAD era uno studio osservazionale prospettico che mirava a determinare gli effetti cognitivi dell'esposizione del feto a diversi farmaci antiepilettici a determinate età. Erano state arruolate nello studio donne in gravidanza con epilessia in trattamento con farmaci antiepilettici in monoterapia e i quozienti intellettivi (QI) dei loro figli erano stati misurati a 2, 3, 4.5 e 6 anni di età.
Nell’analisi primaria erano state incluse 305 madri e 311 nati vivi, e 221 madri e 225 bambini sono stati inclusi nell’analisi ai sei analisi. I bambini con esposizione fetale al valproato hanno evidenziato un QI ridotto a sei anni di età rispetto ad altri farmaci antiepilettici. Una dose maggiore di valproato è stata associata a una gamma di deficit cognitivi, tra cui QI verbale ridotto. Sebbene il QI medio con valproato fosse nel range di normalità, la riduzione di 7-10 punti di QI per questo farmaco rispetto agli altri farmaci antiepilettici osservata nello studio è stata considerata clinicamente significativa.
Nel frattempo, un altro studio ha scoperto un legame tra l'uso di valproato durante la gravidanza e disturbi dello spettro autistico e autismo infantile nella prole, anche dopo aggiustamento per epilessia materna. Christensen, Grønborg, Sørensen, Schendel, Parner, Pedersen e Vestergaard hanno condotto uno studio di coorte basato sulla popolazione sul rischio di autismo nei bambini esposti al valproato prenatale.
Dei 655 615 bambini nati in Danimarca tra il 1996 e il 2006, ne sono stati identificati 5437 con disturbo dello spettro autistico, tra cui 2.067 con autismo infantile. Il rischio assoluto stimato dopo 14 anni di follow-up è stato di 1,53% (95% intervallo di confidenza [CI] 1,47-1,58%) per il disturbo dello spettro autistico e di 0,48% (95% CI 0,46-0,51%) per l'autismo infantile. Complessivamente, i 508 bambini esposti al valproato avevano un rischio assoluto del 4,42% (95% CI 2,59-7,46%) per il disturbo dello spettro autistico (hazard ratio aggiustato [HR] 2.9 [95% CI 1,7-4,9]) e il 2,50% (95 % CI 1,30-4,81%) per l'autismo infantile (HR aggiustato 5.2 [95% CI 2,7-10,0]).
Sulla scorta di tali nuove evidenze, l’Agenzia australiana (TGA) ha deciso di aggiornare le informazioni sul prodotto, che già contenevano un avvertimento sui disturbi dello spettro autistico e informazioni circa l'esposizione del feto e il rischio di ritardi nello sviluppo, specificando che i deficit cognitivi sono stati osservati anche a sei anni di età.